Editoriale 26
La comunicazione sui media
08 - 14 marzo
16 marzo 2021
Harry ti presento Meghan. Putin e social media: Odi et amo. Il vaccino Sputnik conquista anche Twitter. Una predizione di Bill Clinton su capitalismo, internet e libertà in Cina. Mattarella, Dadone e Casalino: populismi a confronto. Messaggi di inclusività e uguaglianza sociale per la Giornata Internazionale della Donna.
La Redazione
· Caos, accuse di razzismo e dimissioni in seguito alla discussa intervista a Harry e Meghan con la famosa conduttrice Oprah Winfrey. La vicenda ha aperto un’ampia discussione tra la Società degli editori britannici e più di 250 giornalisti, scrittori e accademici, che accusano la stampa britannica, in particolare i tabloid conservatori, di non essere abbastanza inclusiva. In seguito alle critiche, il direttore esecutivo Ian Murray si è dimesso e allo stesso tempo, il giornalista televisivo Piers Morgan è stato licenziato da ITV – il canale che aveva trasmesso l’intervista nel Regno Unito – per aver detto di “non aver creduto a una parola” di quanto detto da Megan. Secondo The Economist, le pressioni e il razzismo dei tabloid scandalistici sono stati alcuni dei motivi per cui la coppia ha deciso di non far più parte attivamente della monarchia e di andarsene dal Regno Unito. L’intervista sta monopolizzando l’attenzione mediatica da giorni. Non bisogna tuttavia dimenticare gli altri colloqui andati in scena che hanno cambiato il corso degli eventi. Uno su tutti: l’intervista a Lady Diana, passata alla storia per le dolenti rivelazioni contenute, le cui ripercussioni politiche e mediatiche sono state tali da spingere la regina Elisabetta a imporre il divorzio alla coppia. Quali conseguenze per i Duchi di Sussex? Da un lato, tale esposizione dovrebbe aumentare la loro celebrità e popolarità, da cui dipende il loro attuale reddito. Dall’altro, rappresenta un punto di non ritorno, almeno per la duchessa. Anche la reputazione della Gran Bretagna come paese liberale e tollerante potrebbe subito un duro colpo ma, come insegna la storia, l'intervista potrebbe avere un impatto minore di quanto suggerisca l'attuale furore. In precedenza, problemi simili non hanno intaccato molto la sua popolarità.
· Mosca ha annunciato di aver rallentato la velocità di funzionamento di Twitter, accusato di non avere rimosso contenuti vietati dalla legge russa. Secondo quanto riporta Repubblica, il monito potrebbe preludere a un blocco totale della piattaforma se non cancellerà oltre 3mila cinguettii e il prossimo candidato a queste misure potrebbe essere Facebook. La mossa non è che il culmine delle crescenti tensioni tra Mosca e i giganti del web, accusati di diffondere materiale a sostegno dell'oppositore in carcere Aleksej Navalny, nonché inviti ai minori a prendere parte alle recenti manifestazioni anti-governative. Il governo ha gradualmente introdotto leggi più severe per regolamentare Internet e lo scorso dicembre la Duma ha approvato ulteriori ammende per i siti che non eliminano i contenuti vietati e restrizioni per quelli che "discriminano" i media russi. Misure che, anche se finora hanno avuto solo un successo parziale, hanno suscitato il timore di una censura sul modello cinese in Russia. Putin si era già esposto a Davos contro i social media (vedi Editoriale 20) definendoli un pericolo per la democrazia. Il governo russo, tuttavia, si è anche spesso servito per primo dei social per diffondere fake news. (vedi Editoriale 18). Il rapporto della East Stratcom Task Force, progetto dell’Unione europea che analizza tendenze e campagne della disinformazione, riportato da Formiche ha rivelato che la Germania è il Paese Ue più colpito dalla disinformazione russa seguito da Francia e Italia. La Russia si conferma una delle fonti più attive e preoccupanti di fake new attraverso le quali cerca di interferire nelle dinamiche politiche e sociali europee (vedi Editoriale 14), già minacciate da delicati equilibri e dibattiti interni intensificatisi quest’anno con la pandemia.
· @SputnikVaccine è il profilo Twitter dell’omonimo vaccino russo: avviato nell’agosto 2020, si è posizionato in poco tempo tra i cinque account più “engaged” nella campagna di Mosca sul social. Obiettivo del profilo non è solo promuovere il vaccino – rilanciando le notizie relative ad approvazioni, consegne, test positivi e avvii di produzione – ma anche criticare i suoi concorrenti. E secondo un report di East-Stratcom, negli ultimi giorni, il bersaglio prediletto è l’Agenzia europea del farmaco tacciata di “possibili interferenze politiche”. Gli analisti vedono dietro a queste accuse un tentativo di “minare la credibilità dell’Agenzia e dipingere lo Sputnik e la Russia come trattati ingiustamente dall’Unione europea”. Ultimamente nel mirino del profilo era finita anche Repubblica dopo avere denunciato un possibile tentativo di colonizzazione dell’Europa, a cui @SputnikVaccine ha replicato (“abbiamo proposto all’Unione europea di salvare vite umane e creare posti di lavoro attraverso la produzione per l’Europa e il mondo”) avvertendo inoltre che “se l’Italia rifiuta di diventare un centro di produzione di vaccini, lavoreremo con altri”. Come gli altri organi di propaganda russi, il profilo promette una soluzione “win-win”. Tutto ciò, secondo quanto sostiene Edward Lucas, vicepresidente del Cepa (Center for European Policy Analysis) nell’intervista a Formiche, è in linea con “una vecchia strategia” di Vladimir Putin: “usare una politica estera all’insegna della ‘grandezza’ per risolvere i problemi domestici”.
· The Economist racconta che, all'alba dell'era digitale, Bill Clinton predisse che una combinazione di capitalismo e internet avrebbe potuto liberalizzare la Cina (vedi Editoriale 10). Secondo lui, con l’avvento del digitale il partito comunista sarebbe stato meno capace di controllare le persone. Lo Stato, difatti, negli ultimi anni è stato molto meno presente nelle vite dei cittadini anche se, in alcuni settori, gli imprenditori sono riusciti a mantenere il loro quasi-monopolio come fornitori di informazioni. Nell'industria dell'informazione, i capi del partito hanno riversato risorse per incoraggiare i media a creare succursali per competere con l’informazione bottom-up; nonostante ciò, i cittadini occasionalmente riportano notizie di propria iniziativa mettendo in discussione quelle dei media (e per questo vengono regolarmente rimproverati, talvolta licenziati). Il settore dell'intrattenimento è il posto migliore dove poter vedere come le previsioni di Clinton siano andate storte, dal momento che si tratta di un settore in cui la presa complessiva del partito rimane ferma. Se molto di quello che passa la televisione è controllato dalla politica, quest’ultima poco però può fare sui contenuti che gli utenti fruiscono dai propri devices. Questo ha recentemente portato il primo ministro Li Keqiang a chiedere una maggiore civiltà a chi crea intrattenimento. A tal proposito, l'associazione cinese per le arti dello spettacolo ha pubblicato una lista contenente quindici comportamenti “irrispettosi” che, se assunti, potrebbero vedere artisti interdetti dallo spettacolo per un anno o più. Alla luce di ciò si potrebbe affermare che il partito non monopolizza più l'intrattenimento, ma scrive ancora le sue regole.
· Sergio Mattarella, Fabiana Dadone e Rocco Casalino: tutti e tre vittime della stessa sindrome da populismo, ma in modo diverso. Come analizzato da Linkiesta, la tendenza sembra ormai essere quella di evitare il linciaggio da parte della audience di riferimento. E così, il ministro per le politiche giovanili Fabiana Dadone posta una foto in ufficio con i piedi sulla scrivania e la felpa dei Nirvana, in un tentativo mainstream di dire: “ehi ragazzi, sono giovane anche io!”, forse sbagliando la scelta del gruppo visto che i Nirvana hanno suonato fino al 1994 e così facendo si riferisce ad un pubblico over 30. Sergio Mattarella, che aspetta umilmente il suo turno per la vaccinazione nonostante ricopra la più alta carica dello Stato e sì, da questa derivi anche qualche privilegio. Ha mostrato ancora una volta il suo rigore morale, ma anche la necessità di evitare il linciaggio da parte di una società convinta che non esistano gerarchie e che davvero uno valga uno. E poi c’è Rocco Casalino, che tra ospitate e interviste ha anche detto che “nel PD ci sono alcuni cancri”, scatenando l’ira degli utenti per aver utilizzato la parola “cancro”. Sta cercando di essere sé stesso dopo la centralità dell’ultimo periodo (vedi Editoriale 23), ma di questi tempi se non si rientra tra le grazie degli utenti si rischia ad ogni singola parola. Questi tre esempi spiegano una regola degli ultimi anni: se un personaggio è simpatico e ben voluto può fare un po’ quello che vuole. Se invece si trova nel lato sbagliato, ogni scusa è buona per attaccarlo e linciarlo, in cui contesto in cui la politica si è ridotta a curva da stadio e la comunicazione a cori ultras.
· I messaggi sulla parità di genere passano anche attraverso le campagne di comunicazione dei brand. In occasione dell'8 marzo, la Giornata Internazionale della Donna, Ninja Marketing ha offerto una panoramica sulle pubblicità più inclusive degli ultimi anni. I dati sulla disoccupazione femminile parlano chiaro: durante la pandemia su 101mila persone che hanno perso il lavoro 99mila sono donne (Wired). Altro dato sconcertante è quello riguardante le violenze domestiche: le richieste di aiuto sono raddoppiate nell'ultimo anno (Il Sole 24 ore). Come creare una società più equa e giusta? I brand hanno l'occasione di trasmettere messaggi di inclusività e uguaglianza sociale con campagne efficaci ed emozionali. Da Lego e Nike che cercano di ispirare le donne a spingersi oltre i pregiudizi, a Dove e Prega News che cercano di sensibilizzare le persone sulla condizione femminile in India. Da Levi's e Mc Donald's che si occupano delle conquiste della donna nel mondo del lavoro alla campagna rivoluzionaria di Nuvenia sul ciclo mestruale. Questi spot parlano di femminilità in modo nuovo e lontano da stereotipi. Rompendo i tabù e puntando i riflettori sulla realtà, sono i primi tentativi per ripensare e creare una cultura più consapevole del ruolo della donna e più rispettosa delle diversità.