Editoriale 27
La comunicazione sui media
15 - 21 marzo
23 marzo 2021
Facebook: il profitto prima di tutto. Botta e risposta tra Biden e Putin e l’interferenza nelle ultime elezioni. Cina contro Jack Ma: capitolo 2. Cambiamento climatico e social media, uno studio. Elon Musk non è l’unico a influenzare i mercati su Twitter. Il coraggio di Deutsche Welle in Ungheria. Perché nessuno parla di Rinascita Scott? Un’unica voce per il Cts.
La Redazione
· Un piccolo gruppo di utenti, in grado di sfruttare appieno l’algoritmo di Facebook, è responsabile della maggior parte dei contenuti che esprimono o incoraggiano lo scetticismo sui vaccini anti Covid-19. I risultati emergono da uno studio condotto dal colosso di Menlo Park e pubblicato per la prima volta dal Washington Post. Lo studio, inoltre, evidenzia un collegamento tra questi contenuti e i sostenitori delle teorie del complotto del gruppo statunitense QAnon, connesso all’assalto a Capitol Hill. Come se non bastasse, circa un anno fa, Ari Entin, direttore comunicazione di Facebook, concesse la possibilità a Karen Hao (MIT Technology Review) di indagare sul lavoro che l’azienda stava facendo nel campo dell’intelligenza artificiale. Dal resoconto emerge che il team AI non era riuscito a fare progressi contro la disinformazione e i discorsi d’odio perché non hai mai fatto di tali problemi il suo focus. La ragione è semplice, si legge dal report: ogni iniziativa, per quanto urgente, non ha speranza di trovare sostegno se è contraria “all’implacabile appetito di Zuckerberg per la crescita”. Tutto porta a pensare, evidentemente, che il blocco dell’account di Trump (in seguito alla sconfitta alle ultime elezioni) sia solo una mossa per calmare le acque.
· Dopo le elezioni del 2016, la Russia ci ha provato ancora cercando di interferire anche nelle ultime elezioni americane (vedi Editoriale 8). Infatti, secondo quanto riportato dal New York Times, in base ad un rapporto del National intelligence council (organo che riunisce le varie agenzie di spionaggio degli Stati Uniti), lo stato russo con a capo il presidente Putin avrebbe condotto delle operazioni per screditare la campagna elettorale di Joe Biden e sostenere la rielezione di Donald Trump. Le operazioni dell’intelligence russa consistevano nella raccolta di informazioni da dare in pasto agli alleati di Trump e da usare quindi contro Biden per cercare di esacerbare le divisioni e minare la fiducia nelle istituzioni democratiche, specialmente attraverso la pervasività dei social media (vedi Editoriale 18 e 26). Insieme alla Russia anche Cina e Iran hanno portato avanti azioni di diffusa disinformazione per creare ulteriore confusione approfittando anche degli scontri e delle lacerazioni degli ultimi mesi rese evidenti nell’episodio di Capitol Hill (vedi Editoriale 17). Recentemente gli scontri tra Stati Uniti e Russia sono nuovamente tornati sotto i riflettori attraverso uno scambio indiretto di battute tra Biden e Putin, definito “un assassino” dal presidente americano. La risposta dal Cremlino non è tardata ad arrivare e, con fare distaccato e allo stesso tempo minaccioso, Putin ha risposto alle parole di Biden rispedendo al mittente le accuse cercando di far trasparire il mito e la potenza di quella Grande Russia alimentata da una propaganda nazionalista costante, repressione informativa e disinformazione interna ed esterna (vedi Editoriale 14 e 15).
· Alibaba, il colosso tecnologico fondato da Jack Ma, è finito di nuovo nel mirino del governo cinese. Questa volta, secondo quanto riporta The Guardian, i vertici di Pechino hanno chiesto alla holding di Hangzou di liberarsi delle proprietà nel settore della comunicazione, tra cui il South China Morning Post (SCMP) di Hong Kong, preoccupati che il gigante tech eserciti troppa influenza sull’opinione pubblica del paese attraverso piattaforme media e social come Weibo, simile a Twitter. Alibaba è diventato il parafulmine del giro di vite sulla grande tecnologia dopo che Jack Ma lo scorso novembre ha pronunciato un discorso che criticava i regolatori nazionali e che ha fatto infuriare il presidente, Xi Jinping. In seguito ai commenti, i regolatori cinesi avevano bloccato la quotazione in borsa di Ant Group, la filiale di Alibaba per i pagamenti online e Ma era scomparso dall'attenzione pubblica per tre mesi (vedi Editoriale 17). La scorsa settimana, è emerso che le autorità di regolamentazione si stanno preparando a colpire Alibaba con una multa record di oltre 975 milioni di dollari per pratiche anticoncorrenziali. Il regime commerciale protezionista della Cina, che esclude le aziende straniere tra cui Google e Netflix, ha permesso a un gruppo di conglomerati locali di prosperare mentre il paese cerca di costruire la prossima ondata di campioni tecnologici globali per sfidare la Silicon Valley. È interessante notare come il partito comunista cinese ha fatto un buon lavoro nel coltivare enormi giganti tecnologici, ma c'è sempre stata una spaccatura sotto la superficie tra coloro che vogliono incoraggiare il grande balzo in avanti della tecnologia e un crescente disagio tra coloro che sono preoccupati per queste enormi aziende e le grandi figure pubbliche a capo di esse, come Ma, che superano il patrocinio del partito.
· The Guardian riporta uno studio della Royal Swedish Academy of Science che svela come le misure necessarie per creare un pianeta più sano e resiliente rischino di essere difficili da applicare se continueranno ad essere oggetto di attacchi mirati online. Le fake news che circolano sui social media su temi come il cambiamento climatico e la distruzione della biodiversità stanno, infatti, avendo un impatto preoccupante sulla battaglia per preservare il pianeta. La cooperazione internazionale è necessaria e, di questo passo, potrebbe davvero essere compromessa. Anche Owen Gaffney, un autore dello Stockholm Resilience Centre, ha affermato come all’interno dei social network sia ormai difficile distinguere la realtà dalla finzione. Questo sta minando la tenuta delle democrazie e, di conseguenza, la capacità di prendere decisioni fondamentali per la salvaguardia del pianeta. Sulla stella lunghezza d’onda il direttore del Beijer Institute of Ecological Economics svedese, il professor Carl Folke, il quale osserva come i media causino la polarizzazione delle opinioni creando un ambiente conflittuale e poco utile alla causa, ora più importante che mai visti gli eventi climatici sempre più estremi che si verificano ormai da decenni.
· FinScience, società di Augmented Analytics, ha stilato una classifica delle personalità più influenti su Twitter in base a numero di follower e di tweet a contenuto finanziario. Ad occupare le prime tre posizioni sono Justin Sun e David Gocksthain, imprenditori nel settore delle criptovalute, e Tyler Howard Winklevoss, vogatore olimpionico che insieme al fratello ha vinto una causa milionaria contro Mark Zuckerberg, investendo il guadagno in Bitcoin. Stando a FinScience vi sono due tipologie di influencer finanziari su Twitter: da una parte quelli specializzati nel trading e nei titoli azionari, dall’altra le star di asset come Bitcoin o Ethereum. Anche “Wallstreetbets”, la community salita agli onori della cronaca per la vicenda GameStop (vedi Editoriale 20) ha i suoi influencer. A dispetto di Twitter, che secondo la data analyst di FinScience Antonia Donvito “è contraddistinto da un maggiore individualismo” in cui i singoli utenti “possono diventare dei veri e propri guru”, qui però non emergono figure caratteristiche. FinScience ha individuato come siano le piattaforme digitali (Twitter, Wallstreetbets, ma anche Stockwits) a veicolare influenza su interi settori quali le auto elettriche, le criptovalute e la cannabis. Non bisogna però lasciarsi “influenzare” da questi risultati: lo studio ha anche evidenziato che le società più popolari su Twitter, ad eccezione di quelle operanti nel settore delle criptovalute, spesso non sono quelle con i maggiori aumenti sul listino.
· Dopo più di vent’anni, l’emittente tedesca Deutsche Welle ha deciso di riprendere a pubblicare servizi in lingua ungherese per garantire in Ungheria, dove il governo guidato da Viktor Orbán controlla la gran parte delle testate (vedi Editoriale 23), l’informazione libera. Per Deutsche Welle, la scelta di trasmettere in ungherese è funzionale a raggiungere un pubblico ampio che vive fuori dalle grandi città e si informa sul proprio paese solamente nella propria lingua. In Ungheria, le poche realtà indipendenti sono state soppresse con qualcuno degli stratagemmi cui gli orbaniani hanno abituato il pubblico. L’ultimo caso, lo scorso febbraio, ha interessato Klubrádió, voce dell’opposizione liberale di sinistra messa a tacere dal governo semplicemente non rinnovandole la licenza a trasmettere. Pochi mesi prima era toccato a Index, uno dei siti web in ungherese più visitati. Nel corso dello scorso anno un cambio di proprietà aveva portato a un’ondata di dimissioni in massa da parte di redattori e staff; alcuni di questi hanno poi dato vita a Telex, oggi una dei pochi media non allineati al regime. Quasi solo su questi siti, oramai, infatti, si possono trovare analisi che facciano le pulci alla banda di Orbán, come l’inchiesta sugli acquisti immobiliari finalizzati da alcuni ministri proprio durante la pandemia e quella sui fondi allocati da Budapest alle organizzazione delle minoranze magiare nei paesi limitrofi.
· L'Italia sta distogliendo lo sguardo dal maxi processo alla 'ndrangheta "Rinascita Scott" che è iniziato il 13 gennaio e si sta svolgendo nell'aula bunker di Lamezia Terme. 335 imputati, 58 pentiti, 600 avvocati e 400 capi d'accusa. Durerà due anni. Perchè i giornali stranieri stanno dando più visibilità al processo rispetto ai colleghi italiani? Secondo Slate i motivi di questo silenzio sono numerosi: il Covid sta monopolizzando il dibattito pubblico da molto tempo; la lotta alla criminalità organizzata ha perso la sua rilevanza a livello politico e, infine, si è sviluppata una certa assuefazione a tutte le notizie che riguardano la mafia. Oltre a questi motivi, il volto stesso della mafia è cambiato mimetizzandosi tra la ricca classe imprenditoriale del nord Italia e la politica. Si è inserito nel tessuto sociale del Paese, investendo in attività diverse, dalla ristorazione all'edilizia. Persino durante la pandemia sono state registrate infiltrazioni mafiose nel business funerario. Segnale inequivocabile che l'attività criminale non si è fermata e che questo processo è molto più importante di quanto si potrebbe pensare: ne va della credibilità della magistratura italiana e della Calabria, una delle regioni italiane con il più alto tasso di criminalità. Nonostante i media italiani non stiano dando l'adeguata visibilità al processo (con le dovute eccezioni), tutti, cittadini italiani e stranieri, stanno attendendo con il fiato sospeso e sperando in un nuovo passo avanti nella lotta alla mafia.
· La sforbiciata del Cts di cui si parlava da settimane è arrivata, portando il numero dei membri da 26 a 12. Restano i più influenti del vecchio comitato come il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, quello del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli e il capo della Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza. Come riporta Repubblica, Locatelli e Brusaferro assumono rispettivamente i ruoli di coordinatore e portavoce del nuovo Cts, confermando tendenzialmente la linea vista fino ad ora, ma cambiando rotta nella comunicazione. Il numero ridotto dei membri e la scelta di eleggere un solo portavoce è in linea con la volontà di Draghi (vedi Editoriale 23), in modo che anche il Cts possa adottare uno stile comunicativo sobrio che eviti fughe di notizie e prese di posizione diverse sui media da parte dei componenti. L’ex coordinatore del Comitato, Agostino Miozzo, ha individuato il limite della vecchia gestione: Prima Comunicazione riporta un suo intervento su Corrieretv, nel quale sottolinea l’impreparazione nella comunicazione verso i giovani. Tesi rafforzata dal neo consulente del ministro dell’Istruzione Bianchi, il quale afferma che il Cts non era preparato alla comunicazione sui social, canale fortemente utilizzato dai più giovani. A conferma della necessità di un cambio di passo, ancora Prima Comunicazione riporta l’intervento del ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta alla conferenza Ocse. Egli vuole porre la comunicazione al centro, sfruttando al massimo le potenzialità delle piattaforme social per arrivare in maniera più efficace ai cittadini e contrastare con forza la diffusione delle fake news.